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 Il Divo

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MessaggioTitolo: Il Divo   Il Divo Icon_minitimeMar Mag 27, 2008 10:20 pm

Il Divo 1479

Titolo originale: Il Divo
Nazione: Italia
Anno: 2008
Genere: Drammatico
Durata: 110'
Regia: Paolo Sorrentino
Cast: Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci, Carlo Buccirosso, Giorgio Colangeli, Piera Degli Esposti, Alberto Cracco, Lorenzo Gioielli, Paolo Graziosi, Gianfelice Imparato, Massimo Popolizio, Aldo Ralli, Giovanni Vettorazzo
Produzione: Indigo Film, Lucky Red, Parco Film, Babe Film
Distribuzione: Lucky Red

Data di uscita: Cannes 2008
28 Maggio 2008 (cinema)


Trama:
Il film parla di una stagione della vita di Giulio Andreotti, e precisamente del periodo che va dalla fine della sua settima presidenza del consiglio, con all'orizzonte la massima carica istituzionale del paese, all'inizio del processo che lo vede accusato di associazione mafiosa. Impeccabile ed impenetrabile come nessuno, il senatore a vita affronta questa fase della sua esistenza, superando alla fine tutte le prove che la quotidianità, di volta in volta gli proponeva.

Recensione
Tra le suggestioni del grande cinema d’inchiesta italiano e le influenze della cultura pop, Paolo Sorrentino firma un film insolito e originale. Una pellicola ‘esplosiva ’ e avvolgente, in cui la vita di Giulio Andreotti diventa un modo per ripercorrere un pezzo importante della storia d’Italia e, al tempo stesso, per riflettere in maniera nuova sui compromessi legati alla conquista e al mantenimento del potere. Il Divo non è un film inchiesta ‘tradizionale’, ma una pellicola che esplora la dimensione privata e pubblica di un uomo che da molti è stato considerato un diavolo e da tanti altri un santo, contaminando stili narrativi differenti e, soprattutto, dando vita ad un’opera pop estremamente moderna e ambiziosa. Prendendo in esame il governo Andreotti a cavallo del periodo di Tangentopoli e, soprattutto, i tanti omicidi legati, in base alle dichiarazioni di alcuni mafiosi, al nome del politico democristiano, Paolo Sorrentino sventaglia davanti allo spettatore un lungo elenco di nomi e situazioni in cui il pubblico riconosce l’eco delle inquietudini del passato. Tra colpi di pistola ed esplosioni, il pubblico tocca con mano una dimensione violenta dei legami tra politica e mafia e, soprattutto, di quello che succede sulla scena quanto i riflettori dei media sono spenti. E’ dal buio che emerge Andreotti. E non perché ci sia qualcosa di volutamente e banalmente “vampiresco” nell’approccio alla sua storia, bensì perché Il Divo che si occupa di raccontare la straordinaria vita di Giulio Andreotti, punta a fare ipotesi riguardo al privato di questo politico: alla sua solitudine, al suo incontro con la preghiera ogni mattina, alla sua tenerezza nei confronti della moglie davanti alla televisione come una coppia qualsiasi ascoltando Renato Zero e ‘I migliori anni della nostra vita’. Andreotti è mostrato come un cinico, un duro, uno stratega intransigente la cui unica ambizione è quella di diventare Presidente della Repubblica. Andreotti, però, è anche un uomo solo che vive una vita sobria, al limite dello ‘spartano’ e che ha un’unica grande ossessione. Il fantasma di Aldo Moro che lo segue silenzioso, apparendo improvvisamente e restando lì a fissarlo. Toni Servillo dona al personaggio di Andreotti quello che né lui, né i suoi biografi ci hanno mostrato o saputo raccontare: una dimensione personale e umana, talora spaventosa e inquietante, e in qualche momento in grado di ispirare un forte sentimento di pieta’, per l’uomo sopraffatto dalla necessità di mantenere il potere. Difficile dire se quello che vediamo sullo schermo per quello che riguarda la personalità enigmatica di Andreotti corrisponda a verità. Certo è che l’interpretazione di Servillo mette in scena, al tempo stesso, il simbolo e l’icona, seguendo una duplice direttrice di cinismo e di necessaria coerenza rispetto alla cosiddetta ‘Ragion di Stato’.
Sorrentino non condona nulla ad Andreotti e anche se molte delle sequenze legate ai suoi presunti stretti rapporti con la Mafia toccano una dimensione onirica come la scena del bacio con il capo dei capi di Costa Nostra Totò Riina, lo spettatore ha l’impressione, per la prima volta, che ‘tutto torni’ e che quello che si vede sul grande schermo abbia davvero un senso. Questo non significa che il film sia un atto d’accusa contro Andreotti, che punta a mettere in scena quello che fino ad oggi non si è voluto mostrare. Paolo Sorrentino offre al pubblico un’interpretazione di quegli anni e di quell’epoca che prendendo spunto dalla cronaca, da essa di scosta per seguire un’altra direzione in cui la realtà è innalzata in una verità superiore in cui la dimensione della comprensione sia più di natura emotiva che razionale. In questo senso, Il Divo è un capolavoro appartenente ad un genere nuovo in cui il cinema italiano toccando una dimensione nuova e del tutto imprevedibile nella sua costruzione narrativa. Non un film che si propone di raccontare una verità nascosta, bensì un’opera moderna in cui il cinema politico si fonde con qualcosa di nuovo che trascendendo i canoni dell’inchiesta, porta il pubblico in uno spazio narrativo nuovo e non per questo meno incisivo o coerente dal punto di vista sociale. Il Divo è un film che insieme a Gomorra segna un prima e un dopo nel cinema sociale e politico italiano.

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